Giunto alla 51° edizione, Rapporto Censis  sulla situazione sociale del Paese interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase congiunturale che stiamo attraversando.

Le Considerazioni generali introducono il Rapporto sottolineando come:

"Siamo un Paese invecchiato che fatica ad affacciarsi sullo stesso mare di un continente di giovani; impotente di fronte a cambiamenti climatici e a eventi catastrofici che chiedono grandi risorse e grande impegno collettivo; ferito dai crolli di scuole, ponti, abitazioni a causa di una scarsa cultura della manutenzione; incerto sulla concreta possibilità di offrire pari opportunità al lavoro e all'imprenditoria femminile, immigrata, nelle aree a minore sviluppo; ambiguo nel dilagare di nuove tecnologie che spazzano via lavoro e redditi; incapace di vedere nel Mezzogiorno una riserva di ricchezza preziosa per tutti."

È questa la rappresentazione che il rapporto fa del nostro Paese. Continua dicendoci che si è chiuso un lungo ciclo di sviluppo senza espansione economica e ora bisogna fare leva sul binomio tecnologia-territorio.

Il documento illustra un paese profondamente cambiato in cui sono stati avviati processi di progressiva disintermediazione che hanno sottratto forza anche agli strumenti della mediazione. Un Paese in cui la contrazione dei consumi e degli investimenti ha portato le imprese a concentrarsi sulla ripresa di capacità competitiva, effettivamente registrata in tanti settori -  dall'agroalimentare all'automazione, dai macchinari alla nautica e all'automobile, dall'ingegneria al design e al lusso – ma "la ripresa registrata in questi ultimi mesi sembra indicare, più che l'avvio di un nuovo ciclo di sviluppo, il completamento del precedente."

Grande ritardo da parte delle amministrazioni pubbliche nei principali processi di miglioramento tecnologico, e nella digitalizzazione della macchina burocratica. Si registra "una inefficiente dispersione dei tanti progetti di informatizzazione, con una preoccupante incapacità di fermare investimenti finiti in un vicolo cieco e con un quadro via via più incerto su come tradurre in passi concreti il riallineamento all'agenda europea."

In questo quadro: "La ripresa c'è e l'industria va, ma cresce l'Italia del rancore" che non è lo strumento più idoneo a supportare il "binomio tecnologia-territorio" l'unico in grado di far camminare il Paese.

"In questi anni l'innovazione tecnologica è stata il fattore propulsivo dominante, il maglio demolitore, il setacciatore di opportunità. La polarizzazione del lavoro determinata dalla domanda squilibrata verso professioni intellettuali ad alta competenza o verso servizi alla persona a bassa specializzazione professionale è una componente strutturale del progresso industriale dettato dall'innovazione. La fiducia verso il futuro cresce tra chi ha saputo stare dentro le linee di modernizzazione, meno tra chi subisce la fragilità del tessuto connettivo e di protezione sociale."

È necessario dunque ricomporre un immaginario collettivo in grado di immaginare il futuro "di riconoscersi in cammino verso un miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali."

Per approfondimenti http://www.censis.it/

Valenzao, 2 dicembre 2017