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53° RAPPORTO CENSIS

Giunto alla 53ª edizione, il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase di eccezionale trasformazione che stiamo vivendo da un decennio. 

 

Il 53° Rapporto Censis  chiude un decennio che ha visto la crisi mordere la nostra economia, e non solo, ma anche, a suo dire, il crescere della possibilità di rinnovamento e di nuovo percorso di sviluppo per il nostro Paese.

Nelle considerazioni generali il Rapporto descrive alcuni elementi della crisi che sono sicuramente stati devastanti. La fine dell'ascensore sociale che per decenni aveva garantito un futuro migliore a chi volesse conquistarlo, un welfare ormai chiaramente insufficiente a dar risposte alle fasce più deboli sono tra questi, ma, secondo il Rapporto, la società italiana ha messo in campo alcune "piastre di sostegno", come le definisce, punti fermi, soggetti e processi per arginare la deriva verso il basso.

Una prima piastra è nella dimensione manifatturiera, industria­le, del nostro sistema produttivo e nella sua capacità di innovare e innovarsi a garanzia di una persistente capacità compe­titiva.

Un secondo ancoraggio è nelle aree geografiche del nostro Paese capaci di esprimere un tasso di crescita del prodotto interno e dei consumi paragonabile alle migliori regioni europee.

La terza piastra è in una nuova sensibilità ai problemi del clima, della qualità ambientale e della tutela del territorio. La mobilitazione sull'ambiente appare un potenziale sostegno a un nuovo processo, economico e sociale, spontaneo e diffuso, di partecipazione collettiva.

La quarta piastra sta nel risparmio privato e si basa sulla scommessa che esso continui a garantire la tenuta sociale, nonostante la diffusa percezione d'insicurezza.

Un'ultima piastra di sostegno la si vede nella conferma della dimensione europea.

A consolidare queste piastre quelli che il Rapporto, continuando nella metafora, definisce come "tanti muretti in pietra a secco": dagli incubatori alle imprese innovative nelle quali fanno esperienza imprenditoriale  migliaia di giovani; dai festival agli eventi culturali diffusi in tutto il Paese  come affermazione di identità e di comunità locale; da alcuni segmenti produttivi capaci di resistere alla crisi e rilanciarsi alle nicchie dell'export mondiale.

Il Rapporto comunque afferma che non si tratta di un ritorno a una dimensio­ne sociale e collettiva, quale quella conosciuta precedentemente. Manca una "solida visione di so­cietà possibile", ma anche una "concreta rimodulazione dei processi: nella scuola, nella giustizia, nella sanità, nella fiscalità, nel quadro istituzionale."

In questo scenario "la sfiducia sembra prevalere sulla speranza" ma è qui che il rapporto introduce il concetto del "furore di vivere" un sentimento per cui gli italiani sperano comunque nel meglio e continuano ad avere una vita decente sotto profili diversi da quelli strettamente economici e lavorativi.

"Sfuggiti a fatica al mulinello della crisi, adesso l'incertezza è lo stato d'animo dominante (per il 69%). Nella società ansiosa di massa si ricorre a stratagemmi individuali per difendersi dalla scomparsa del futuro. Nonostante il bluff dell'aumento dell'occupazione che non produce reddito e crescita (959.000 unità di lavoro equivalenti in meno rispetto al 2007, +71,6% di part time involontari per i giovani). Ma se l'ansia non riuscisse più a trasformarsi in furore? La sindrome da stress post-traumatico porta il 75% dei cittadini a non fidarsi più degli altri. e a pulsioni antidemocratiche: ora il 48% è favorevole all'uomo forte al potere."
 

Nella seconda parte del Rapporto, "La società italiana al 2019", vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell'anno: le responsabilità collettive eluse, ma anche i grumi di nuovo sviluppo.

Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, la sicurezza e la cittadinanza.

A conclusione del Rapporto ci si augura che gli italiani "prima o poi si renderanno conto che delle élite non si può fare a meno. Non si potrà aggirare il problema di disporre di una "classe dirigente" in grado di tenere insieme una collettività individuando gli sforzi comuni da compiere e la direzione verso cui muoversi." Profetizzando dunque il "necessario ritorno delle élite per gestire la stagnazione".

Per sfogliare la versione digitale del Rapporto Censis http://www.censis.it/rapporto-annuale/sintesi-del-53%C2%B0-rapporto-censis.

Valenzano, 9 dicembre 2019

 


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