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ISTAT RAPPORTO ANNUALE 2022

 

 

Presentato venerdì 8 luglio alle ore 11 a Palazzo Montecitorio, il Rapporto Istat 2022, giunto alla trentesima edizione.

A due anni dall'inizio dell'emergenza sanitaria, il Presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo ha illustrato il "Rapporto Annuale 2022. La situazione del Paese".

Nel Rapporto, particolare attenzione è stata dedicata all'impatto della pandemia sul sistema delle imprese e sulla loro capacità di reazione, sulla vita quotidiana dei cittadini e sui comportamenti adottati per farvi fronte. Inoltre sono stati approfonditi temi quali l'andamento delle disuguaglianze pre e post pandemia e le trasformazioni dei comportamenti sociali e demografici della popolazione.

L'evento è stato trasmesso in live streaming sulla web tv della Camera dei Deputati, ed è disponibile anche sul canale YouTube dell'Istat.

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APPROFONDIMENTO

Il trentesimo Rapporto Annuale dell'Istat mostra un sistema paese complesso a cui è necessario  dare una risposta multidimensionale e a geometrie variabili. Il contesto in cui viene presentato il Rapporto Istat di quest'anno è profondamente mutato, migliorato per quanto riguarda la crisi pandemica, ma messo a dura prova dalla guerra in Ucraina che rischia di indebolire il recupero economico del Paese e di accentuare al suo interno le disuguaglianze, già elevate.

Analizzando in particolar modo cosa serva per la modernizzazione della PA, tema sul quale InnovaPuglia è impegnata da più di un decennio, bisogna partire dalle grandi sfide lanciate dal PNRR: la transizione digitale, quella ecologica, il grande investimento in infrastrutture.

Una PA moderna e che sappia rispondere alle esigenze dei cittadini e degli operatori economici crea le condizioni per lo sviluppo anche della produttività del Paese. È per questo motivo che la modernizzazione della Pubblica Amministrazione italiana è obiettivo importante e particolarmente sfidante.

Il Rapporto prevede un complesso sistema di interventi orientati a una maggiore digitalizzazione della PA, ma anche la necessità di sviluppare percorsi di semplificazione e una profonda innovazione dei processi organizzativi e delle politiche relative al pubblico impiego con nuove assunzioni e formazione del capitale umano.

Al 2019, tra i paesi Ue per i quali sono disponibili informazioni comparabili, l'Italia risultava avere l'incidenza più bassa di dipendenti pubblici rispetto alla popolazione (5,6 per cento abitanti, rispetto ai 5,8 della Germania) e, al contempo, essere tra quelli che avevano maggiormente ridotto la consistenza del personale in servizio nella Pubblica Amministrazione. Inoltre, nel settore pubblico italiano si riscontrava la maggiore incidenza di lavoratori con oltre 55 anni e la più bassa di quelli con meno di 35 anni. L'età media si è infatti incrementata di oltre 6 anni nell'ultimo decennio, attestandosi a 49,9 anni contro i 42,4 del settore privato. Un personale fortemente invecchiato ha meno motivazione a lanciare nuove e grandi sfide anche se è fonte di grande esperienza e conoscenza per comprendere come modificare al meglio i meccanismi organizzativi e l'avvicinamento agli utenti.

Il livello generale del capitale umano del pubblico impiego è relativamente elevato, seppure con un forte grado di eterogeneità tra i diversi comparti. Il 42,5 per cento dei dipendenti pubblici ha un titolo di studio universitario, mostrando un differenziale importante rispetto al settore privato, dove l'incidenza si ferma al 18 per cento. Tuttavia, l'attrattività salariale del pubblico impiego, in particolare per il personale qualificato, potrebbe in alcuni casi rappresentare un elemento di freno per il piano di assunzioni di personale con competenze di alto livello, previsto dalla modernizzazione.

In questo contesto, il Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano nella Pubblica Amministrazione prevede nel prossimo quinquennio consistenti investimenti per l'accrescimento delle competenze manageriali, organizzative e digitali dei dipendenti pubblici.

I risultati preliminari del Censimento permanente delle Istituzioni pubbliche riferito al 2020 evidenziano, anche nell'ambito formativo, una forte eterogeneità tra amministrazioni associata alle loro caratteristiche dimensionali. Sul piano dei contenuti, l'offerta formativa si è concentrata nelle aree tematiche giuridico-normativa e tecnico-specialistica. Va, invece, segnalato che, nonostante la carenza di competenze informatiche sia avvertita come l'ostacolo alla digitalizzazione, la formazione in questo campo ha riguardato solo il 5,3 per cento delle attività e il 6,6 per cento dei partecipanti. Più in generale, e con riferimento al periodo 2017-2020, le attività di formazione sono diminuite del 20 per cento e i partecipanti dell'8,8 per cento, mentre le ore sono cresciute del 14,5 per cento. La diminuzione ha risentito degli effetti dell'emergenza, che ha comportato la caduta delle attività in presenza e, in particolare, il crollo dell'attività formativa nelle aziende sanitarie.

La pandemia ha rappresentato un importante fattore di accelerazione del processo di digitalizzazione, soprattutto per la fornitura di servizi di e-government e per la diffusione del lavoro agile, con velocità e intensità eterogenee tra i diversi comparti del settore pubblico, con differenze anche di 40 punti percentuali nell'utilizzo di tecnologie, quali il cloud, o nella sicurezza informatica – oggi essenziale – tra le Università e le grandi amministrazioni, da un lato, e quelle più piccole, soprattutto territoriali, dall'altro.

In questo contesto, sono percepiti tra i maggiori ostacoli alla digitalizzazione, oltre ai deficit di formazione e competenze, segnalati da oltre due terzi degli enti, anche la resistenza al cambiamento – principalmente per i grandi enti – e i vincoli sulle risorse finanziarie – per quelli di minori dimensioni.

L'accesso ai servizi digitali da parte dei cittadini ha sperimentato un vistoso incremento: le amministrazioni che hanno adottato lo SPID sono triplicate tra il 2019 e oggi, mentre le utenze individuali sono passate da 6 a 30 milioni tra il 2020 e il 2022. Al termine della fase emergenziale un'amministrazione pubblica su cinque considerava di introdurre in maniera strutturale il lavoro agile, circa sette su dieci tra quelle di maggiori dimensioni.

I risultati sono incoraggianti, seppure permangano delle criticità.

L'efficienza dei processi è stata generalmente salvaguardata e l'impatto sulla qualità del lavoro è risultata soddisfacente; molte amministrazioni, tuttavia, hanno evidenziato la necessità di nuove competenze digitali e di un miglioramento delle dotazioni tecnologiche. 

Questo il quadro della PA del Paese.

In conclusione, alcuni elementi sottolineati dal Rapporto.

L'Occupazione. Se non cresce l'occupazione, in particolare femminile, aumenterà la povertà, e il Paese sarà condannato a una perdita del potenziale di produttività e di crescita aggiuntiva.

I Fragili. Se non si fanno i conti con il problema dell'assistenza agli anziani e ai disabili si rischia un peggioramento grave delle loro condizioni e qualità della vita.

La Diseguaglianza. Se non si affronteranno le disuguaglianze salariali e di tipologie di contratto del mercato del lavoro, continuerà a crescere la povertà anche tra gli occupati.

Il Futuro. Se non imboccheremo decisamente la strada della transizione ecologica per far fronte ai cambiamenti climatici, che tempestano anche il nostro Paese, nessun futuro sostenibile sarà possibile.

Sono dunque le disuguaglianze e la loro riduzione l'elemento critico per il rilancio e la ricostruzione dell'Italia.

L'elemento positivo enfatizzati dal Rapporto nelle conclusioni è che il Paese ha dimostrato di essere unito nei confronti della risposta alla pandemia. Lo è stato anche nella risposta all'impatto sociale ed economico della crisi.

"Ancor più dovremo esserlo ora. Ognuno ha fatto la sua parte. E così dovrà essere anche in futuro."

È l'esortazione finale che il presidente Blangiardo porge all'Italia, ai suoi governanti e manager, ai cittadini tutti.

Valenzano, 11 luglio 2022

 

 

 


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