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RAPPORTO SVIMEZ 2018

 

 

 

Le anticipazioni del Rapporto Svimez 2018 sull'economia e la società del Mezzogiorno, giunto alla sua 44esima edizione,  parlano di una ripresa italiana stentata nel panorama europeo, con un'economia italiana che non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi e presenta emergenze sociali che, soprattutto al Sud, si concretizzano nel crollo dell'occupazione.

In questo contesto, con una previsione 2018 del PIL a +0,8% nel mezzogiorno aumenta la distanza dell'Italia dall'Europa e il Sud, a sua volta, perde terreno anche rispetto alla periferia europea.

L'Italia nel suo complesso cresce a ritmi molto bassi e i divari regionali rimangano invariati.

Al Sud, l'aumento, ancorché modesto, del Pil per abitante è in parte dovuto alla diminuzione della popolazione residente, soprattutto della sua componente più giovane e qualificata, causata dall'emigrazione verso Nord e verso l'estero. Dunque se nel 2015-2016 il Sud usciva dalla recessione a ritmi più sostenuti i dati relativi al 2017 mostrano come la ripresa del biennio precedente non si sia consolidata.

Dopo la crisi si è aperta una forbice nella spesa della P.A: cresce al nord e cala nel sud. Gli investimenti sono stati la componente più dinamica della domanda interna ed è rimasto attivo un tessuto di imprese industriali in grado di cogliere le sfide dei mercati anche per il ruolo positivo degli strumenti di incentivazione. È  soprattutto l'indebolimento dei consumi a determinare il rallentamento dell'economia meridionale.

L'avvio del "regionalismo a geometria variabile", che il governo asseconda, allarma la SVIMEZ, perché va ben oltre il federalismo fiscale della riforma del titolo V della Costituzione.

L'ampliamento delle disuguaglianze territoriali sotto il profilo sociale riflette un forte indebolimento della capacità del welfare di supportare le fasce più disagiate della popolazione. Gli indicatori sugli standard dei servizi pubblici fotografano, secondo la SVIMEZ, un ampliamento dei divari Nord-Sud, con particolare riferimento al settore dei servizi socio-sanitari che maggiormente impattano sulla qualità della vita e incidono sui redditi delle famiglie.

La cittadinanza "limitata", di cui parla il rapporto,  connessa alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni, incide sulla tenuta sociale del Sud e rappresenta il primo vincolo all'espansione del tessuto produttivo. Ancora oggi a chi vive nelle aree meridionali, nonostante una pressione fiscale pari se non superiore per effetto delle addizionali locali, mancano, o sono carenti, diritti fondamentali di cittadinanza: in termini di vivibilità dell'ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura per la persona adulta e per l'infanzia.

L'occupazione è in ripresa, ma debole e precaria. Il tasso di occupazione è ancora due punti al di sotto del 2008 nelle regioni meridionali e nel corso del 2017 l'incremento dell'occupazione meridionale è dovuto quasi esclusivamente alla crescita dei contratti a termine.

In questi anni si è profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani, definendo una vera e propria la frattura generazionale con una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni, una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni.

Lo scenario è dunque di ampliamento del disagio sociale tra famiglie e lavoratori poverI con una dinamica sociale che tende ad escludere una quota crescente di cittadini dal mercato del lavoro. Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018 e i poveri assoluti sono saliti nel 2017 poco sopra i 5 milioni.

Il decremento demografico. La perdita di popolazione più rilevante si registra nelle regioni meridionali: negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all'estero. Quasi 800 mila non sono tornati. Secondo le previsioni ISTAT e SVIMEZ, si delinea per i prossimi 50 anni un percorso di forte riduzione della popolazione, in particolare nel Mezzogiorno, che perderà 5 milioni di abitanti, molto più che nel resto del Paese, dove la perdita sarà contenuta a un milione e mezzo. Ciò avviene perché al Sud non solo ci sono sempre meno nati ma c'è anche un debole contributo delle immigrazioni. Tutto ciò farà dell'area meridionale quella più invecchiata dell'Italia e tra le più invecchiate dell'UE.

Alla luce di questi andamenti, il bilancio delle politiche del decennio che ci lasciamo alle spalle non può essere considerato positivo. D'altra parte, la riduzione del divario Nord-Sud non è stato obiettivo particolarmente sentito dai governi che si sono susseguiti dal 2008 in poi.

In conclusione secondo la Svimez Nord e Sud non sono due sistemi a parte, ma aree strutturalmente diverse eppure strettamente integrate e interdipendenti  che tendono a crescere e arretrare insieme. Infatti, il 14% del Pil del Centro-Nord viene attivato dalla domanda di beni e servizi del Mezzogiorno.

È per questo che nella parte finale del rapporto la Svimez afferma:

"Le evidenze di rallentamento della crescita nell'area, i rischi di una "grande frenata" per le numerose incognite di natura internazionale, la necessità di dare una risposta alle persistenti emergenze occupazionali e sociali, rendono evidente l'urgenza di dare nuovo impulso alle politiche di sviluppo. La soluzione per i problemi strutturali dell'economia italiana, e meridionale in particolare, non verrà da una ripresa internazionale a cui "agganciarsi", ma dalla riattivazione del motore interno, che consolidi i segnali positivi determinando una marcata accelerazione del tasso di sviluppo. Per realizzare una strategia di sviluppo di ampia portata, prima di tutto, a nostro avviso, è fondamentale ripristinare ad ogni livello di governo il ruolo degli investimenti pubblici per la crescita, anche come indispensabile leva di attivazione e di stimolo di quelli privati."

Scarica il RAPPORTO SVIMEZ 2018 L'ECONOMIA E LA SOCIETÀ DEL MEZZOGIORNO INTRODUZIONE E SINTESI

Valenzano, 14 novembre 2018

 

 

 


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