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UE: DESI 2021

 

A novembre è uscito il DESI 2021 (Digital Economy and Society Index), la relazione annuale con cui la Commissione europea restituisce la fotografia dei progressi compiuti dagli Stati membri nel campo della digitalizzazione.

 

L'Italia si colloca al 20esimo posto fra i 27 Stati membri dell'UE, risalendo ben 5 posizioni rispetto all'edizione precedente (25esima). Nonostante la buona performance, si prospetta un percorso ancora molto lungo per raggiungere i paesi più digitalmente avanzati.

L'edizione 2021 del DESI (Digital Economy and Society Index) è stata totalmente rinnovata nella metodologia e negli indicatori utilizzati, ma soprattutto è la prima edizione in cui si fa il punto dopo la pandemia.

Il rapporto è stato adeguato anche per riflettere le due principali iniziative politiche destinate ad avere un impatto sulla trasformazione digitale nell'UE nei prossimi anni: il Recovery and Resilience Facility (RRF) e il Digital Decade Compass.

La prima novità è negli indicatori, strutturati in base ai quattro "punti cardinali" della bussola digitale per il 2030: Competenze (Capitale umano), Infrastrutture digitali (Connettività), Trasformazione digitale delle imprese (Integrazione delle tecnologie digitali), Digitalizzazione dei servizi pubblici (Servizi pubblici digitali).

Rispetto al precedente è stata eliminata la dimensione "Utilizzo di internet/servizi digitali" in cui il nostro Paese risultava ben al di sotto della media UE, e infatti l'Italia nel 2020 si classificava al 26esimo posto su 28 Stati.

Sono stati invece inseriti nuovi indicatori per misurare: il livello di sostegno che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) hanno fornito alle imprese per l'adozione di misure più rispettose dell'ambiente, in linea con le ultime iniziative europee (TIC per la sostenibilità ambientale); la diffusione di servizi Gigabit; la percentuale di imprese che offrono formazione in materia di TIC; il numero di imprese che utilizzano la fatturazione elettronica.

Altrà novità il "Women in Digital (WiD) Scoreboard" (WiD) dove l'Italia è 23esima su 27 Paesi membri. Il WID è quadro di valutazione per valutare l'inclusione delle donne nei posti di lavoro, nelle carriere e nell'imprenditorialità digitali che valuta le prestazioni degli Stati membri nei settori dell'uso di Internet, delle competenze degli utenti di Internet, delle competenze specialistiche e dell'occupazione sulla base di 12 indicatori.

LA POSIZIONE DELL'ITALIA (scarica il report sull'Italia)

Per alcuni indicatori l'Italia si posiziona molto bene, come per l'utilizzo della fatturazione elettronica da parte delle imprese, anche perché nel nostro paese è obbligatoria, per altri siamo migliorati (come la diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps, per alcuni ci si sarebbe aspettati un balzo in avanti maggiore, in primo luogo la percentuale di utenti di servizi di e-government, ma il vero problema rimane ancora quello delle competenze in cui si registrano infatti livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi..

Nella classifica complessiva, il nostro paese si colloca al 20esimo posto fra i 27 Stati membri dell'Ue, dal 25esimo dell'edizione precedente, dove gli Stati erano ancora 28, essendo presente il Regno Unito. Un passo avanti dunque, ma non facilmente interpretabile anche per il cambiamento della metodologia.

 

I DATI

Partiamo proprio dal settore dove soffriamo di più: le competenze.

Nel DESI 2020 l'Italia era ultima nella dimensione del capitale umano, quest'anno siamo 25esimi su 27 Stati. Alcuni indicatori sono rimasti identici e fanno riferimento ancora al dato 2019 perché non sono oggetto di rilevazione annuale.  Tra questi, le persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni che possiedono almeno competenze digitali di base (42% contro il 56% di media UE) e quelle con competenze digitali superiori a quelle di base (22% contro il 31% di media UE). Altri dati sono stati aggiornati, ma tutti ci collocano comunque sotto la media UE: tra questi la percentuale di specialisti TIC (3,6 % dell'occupazione totale, contro una media UE del 4,3%) e la quota di laureati nel settore TIC che è solo l'1,3 % contro il 3,9% della media UE. L'unico dato che ci avvicina alla media UE è quello degli specialisti TIC di sesso femminile, che rappresentano il 16 % degli specialisti TIC (la media UE è del 19 %). Infine, solo il 15 % delle imprese italiane eroga ai propri dipendenti formazione in materia di TIC, cinque punti percentuali al di sotto della media UE.

Bisogna comunque considerare che nel 2020 l'Italia ha varato la sua prima Strategia Nazionale per le Competenze Digitali, che definisce un approccio globale allo sviluppo delle competenze digitali per colmare i divari con gli altri paesi dell'UE. La strategia comprende quattro assi di intervento e contempla un'ampia gamma di settori e gruppi di destinatari:

  • Studenti inseriti in percorsi di istruzione e formazione, per integrare le competenze informatiche nelle scuole primarie e secondarie e nei curricula universitari e di istruzione superiore;
  • Forza lavoro attiva, incluse le competenze per la e-leadership (leadership digitale), le competenze digitali di base e quelle avanzate e specializzate;
  • Specialisti TIC, per migliorare la capacità del paese di sviluppare competenze per nuovi mercati e nuove professionalità;
  • Pubblico in generale, per sviluppare le competenze digitali necessarie a esercitare i diritti di cittadinanza.

Il Piano Operativo correlato, pubblicato a dicembre 2020, traduce la strategia in azioni specifiche e obiettivi ambiziosi per il 2025 e catalizza gli sforzi in materia di competenze digitali in Italia, introducendo nuove iniziative e rafforzando quelle in corso.

Nella dimensione "Integrazione delle tecnologie digitali", ovvero la digitalizzazione del settore produttivo, ci collochiamo invece al decimo posto con un punteggio del 41,4% (superiore rispetto alla media UE del 37,6%). Lo scorso anno eravamo 22esimi. Il balzo in avanti è dovuto anche all'inserimento  di alcuni indicatori che nella precedente edizione non erano presenti e in cui abbiamo ottimi risultati:  percentuale di PMI con un livello di intensità digitale almeno di base (69%, al di sopra della media UE del 60%) e uso della fatturazione elettronica, in cui registriamo un 95% contro il 32% delle media UE. Siamo ancora deboli nell'uso dei big data, intelligenza artificiale e le cosiddette "tecnologie di frontiera" mentre aumentano considerevolmente le imprese che utilizzano servizi cloud raggiungendo il 38% (rispetto al 15% del 2018).

Per la dimensione Connettività siamo al 23esimo posto in termini di connettività tra gli Stati membri dell'UE. Ci sono passi avanti su copertura e diffusione delle reti, ma solo il 3,6% delle famiglie disponeva nel 2020 di una velocità di almeno 1 Gbps  anche se al di sopra della media UE come per la copertura della banda larga veloce NGA, dove la percentuale di famiglie incluse è del 93%, al di sopra della media UE pari all'87 %. Meno bene per la copertura della rete fissa ad altissima capacità (34 %) ancora al di sotto della media UE del 59%. Fanalino di coda il 5G, coperto solo l'8% delle zone abitate, un dato ridotto a quasi la metà della media UE del 14%.

18esimo posto per la dimensione Servizi pubblici digitali, dove la percentuale di utenti di internet che usa anche i servizi pubblici online è aumentata, passando dal 30% nel 2019 al 36% nel 2020, ma siamo ben al di sotto della media UE del 64%. Fortissima accelerazione nel rilascio di SPID e nell'utilizzo della app IO, ma evidentemente c'è ancora da lavorare, promuovendo la conoscenza dei servizi disponibili, progettandoli secondo principi di accessibilità e usabilità, garantendo a tutti infrastrutture e competenze adatte ad utilizzarli.

Rispetto al nuovo indicatore sull'offerta di servizi digitali,  riscontriamo risultati migliori alla media UE per quanto riguarda l'offerta di servizi online per le imprese, compensati in negativo per quanto riguarda i servizi pubblici digitali per i cittadini al di sotto della media. Uno degli elementi particolarmente deboli è senz'altro l'interoperabilità tra basi dati di dati della PA  che impedisce l'applicazione del concetto "once only" fondamentale per dare slancio ai servizi.

Leggendo i principali dati e volendo tirare alcune conclusioni, non certo esaustive, ci ripetiamo: per superare il ritardo del nostro Paese,  è necessario fare buon uso delle risorse del Next Generation UE e del PNRR (circa 48 miliardi di EUR), un'occasione imperdibile.

Dunque, nella trasformazione digitale che pur prosegue in Italia, i maggiori sforzi dovranno essere concentrati sui settori dove riscontriamo le maggiori debolezza e, in particolare, per la ripartenza bisognerà mettere in campo sulle competenze digitali strategie di lungo periodo ben orientate verso il futuro-

https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/desi

Valenzano, 2 dicembre 2021

 

 


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