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I MEDIA TRA ÉLITE E POPOLO

 

Aumenta la distanza tra giovani e anziani, nasce il press divide e cresce la paura per i pericoli della rete.

 

Sono profondi i cambiamenti prodotti dal digitale  nei comportamenti degli italiani, lo certifica il 13° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, presentato ieri a Roma.

Il Rapporto ci parla di un vero e proprio boom dei media digitali. Infatti gli italiani hanno risparmiato su tutto, ma non sugli smartphone connessi in rete e questo ha significato dare una spinta propulsiva a nuove abitudini. Si usa internet per informarsi, per prenotare viaggi, per acquistare beni e servizi, per guardare film, ma anche per entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche o praticare l'home banking (40% degli internauti) e, grazie alle app ormai molto diffuse, i servizi digitali si stanno diffondendo.

Le donne si sono appropriate della rete e nel 2016 hanno compiuto il sorpasso passando al 74,1% (erano ferme al 43,2% nel 2011) rispetto al 73,2% dato riferito agli uomini.

Ovviamente sono grandi le differenze tra giovani e anziani e tendenzialmente tendono ad aumentare.

Sono il 95,9% i giovani under 30 utenti della rete, il 31,3% gli over 65 anni, così come usa gli smartphone l'89,4% dei primi e solo il 16,3% degli anziani. Per quanto riguarda l'informazione in particolare, oltre la metà dei giovani (il 54,7%) consulta i siti web di informazione e solo il 29,7% legge i quotidiani che invece sono fonte di informazione per il 49,4% degli ultrasessantacinquenni. E se l'uso quotidiano di internet fa diminuire il digital divide, nasce e aumenta il press divide che si rivela uno tra i dati in forte crescita. Nel 2006 erano il 5,7% gli italiani che usavano internet ma non i mezzi a stampa sono diventati il 31,4% nel 2016 e tra i giovani under 30 sono il 61,5%. In aumento anche coloro che usano abitualmente tutti i media, tra il 2006 e il 2009 sono passati dal 23,3% al 35,8%.

Secondo il Rapporto gli italiani di dividono abbastanza equamente sulle conseguenze che questi grandi cambiamenti producono sul mercato del lavoro: per il 33% le tecnologie digitali distruggono posti di lavoro, per il 21% invece ne favoriscono la creazione, per il 46% non influiscono sull'andamento dell'occupazione.

Discorso a parte per l'aumentata consapevolezza dei pericoli della rete.

Aumenta la paura e cresce la propensione a rinunciare alla privacy in favore di una maggiore sicurezza. In particolare contro la pedopornografia e per la prevenzione di attentati terroristici. Ma il 75,3% pensa che le autorità giudiziarie dovrebbero poter accedere a tutti i nostri dati presenti in rete esclusivamente nei casi di gravità eccezionale e il 72,7% pensa che la privacy può essere violata dalle autorità solo se c'è in gioco l'interesse nazionale. Infine, il 63,9% ammette che preferisce essere controllato pur di sentirsi al sicuro. C'è timore anche a livello personale per la perdita di foto, messaggi e altro, infatti solo il 29,8% dichiara che non avrebbe nulla di cui preoccuparsi in caso di smarrimento del proprio smartphone.

È il racconto del fenomeno della disintermediazione che cresce e che il digitale rende possibile. Fenomeno che però, nell'analisi del Rapporto, potrebbe infilarsi come un  cuneo ‘nel solco di divaricazione scavato tra élite e popolo' perché consistenti porzioni della società – conclude il Rapporto – hanno maturato la convinzione che la rete potrà fornire ai bisogni delle comunità ‘risposte più efficaci, veloci ed economiche' in grado di migliorare il benessere personale e, soprattutto, garantire la piena trasparenza delle decisioni pubbliche.

Scarica la Sintesi del 13° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione

Valenzano, 30 settembre 2016