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IL VALORE DELLA PRIVACY NELL’EPOCA DELLA PERSONALIZZAZIONE DEI MEDIA

"IL VALORE DELLA PRIVACY NELL'EPOCA DELLA PERSONALIZZAZIONE DEI MEDIA"

Come cambia il concetto di privacy nell'era biomediatica.

L'88,4% degli italiani è consapevole che i grandi operatori del web, come Google e Facebook, possiedono gigantesche banche dati sugli utenti. La maggioranza pensa che i dati personali siano un patrimonio che può essere sfruttato a scopi commerciali (72,3%) o politici (60,5%). Il 60,7% ritiene che il possesso di un gran numero di dati rappresenta un enorme valore economico. Il 51,6% è convinto che in futuro il potere sarà nelle mani di chi deterrà il maggior numero di dati personali, eppure quasi tutti gli italiani (il 96,2%) considerano inviolabile il diritto alla riservatezza dei propri dati persona.

Questi sono i principali risultati della ricerca del Censis «Il valore della privacy nell'epoca della personalizzazione dei media», presentata ieri a Roma da Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis, e discussa da Luca De Biase, editor d'innovazione de «Il Sole 24 Ore», Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, e Antonello Soro, Presidente dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

Siamo entrati nell'era biomediatica, della condivisione telematica delle biografie personali attraverso i social network e il concetto di privacy cambia, prevale lo "sharing" sul diritto alla riservatezza. Eppure aumenta la diffidenza. Più di otto italiani su dieci sono convinti che su Internet sia meglio non lasciare tracce (l'83,6%), pensano che fornire i propri dati personali sul web sia pericoloso perché espone al rischio di truffe (l'82,4%), temono che molti siti web estorcano i dati personali senza che se ne accorgano (l'83,3%). Secondo il 76,8% anche usare la carta di credito per effettuare acquisti online è rischioso.

Tra gli utenti di Internet, il 93% teme che la propria privacy possa essere violata online e il 32% lamenta di avere effettivamente subito danni - anche se nella maggior parte dei casi si tratta della ricezione di materiale pubblicitario indesiderato - ma c'è ancora scarsa dimestichezza con gli strumenti per tutelarsi. Solo il 40,8% di chi naviga in rete usa almeno una delle misure fondamentali per la salvaguardia della propria identità digitale, il 36,7% non ricorre a nessuno strumento, mentre il 22,5% si limita a forme passive di autotutela. Il 40% degli italiani è disposto ad autorizzare il trattamento dei propri dati personali soltanto ai soggetti di cui si fida e quasi il 30% sostiene invece di non essere propenso a farlo a nessuna condizione,  soltanto il 17,3%, infine, si dice pronto ad autorizzarne l'impiego senza particolari difficoltà.

La legislazione vigente in materia di privacy è ritenuta soddisfacente soltanto dal 7,5% degli italiani connessi in rete, mentre è pari al 54% la quota di chi giudica necessaria una normativa più severa, anche se il 24,5% è scettico, perché pensa che oggi sia sempre più difficile garantire la privacy, perché con l'avvento dei social network la privacy non può più essere considerata un valore in sé.

Infine, particolare favore riscuote l'ipotesi di introdurre nell'ordinamento giuridico il "diritto all'oblio". Oltre il 70% degli italiani condivide l'affermazione secondo cui ognuno ha il diritto di essere dimenticato e che sia un diritto inalienabile richiedere l'eliminazione dal web di opinioni, informazioni e fotografie del passato che in qualche modo potrebbero ledere la reputazione personale.

Scarica la sintesi della ricerca

Scarica la presentazione di Giuseppe Roma

Valenzano, 8 ottobre 2013


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