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RAPPORTO CENSIS 2022

 

L'Italia post-populista e malinconica

 

Dove siamo?

"Affrontare di nuovo la domanda con la quale la nostra cultura occidentale ci interpella fin dalle origini sembra essere un bisogno profondo della società italiana. Tre anni, quattro crisi profonde e diversi improvvisi cambi di direzione giustificano la necessità di ritrovarsi, di ridisegnare vie confluenti di risalita dei consumi e del benessere, di riempire i vuoti lasciati dal mancato sviluppo. Il mondo è diverso, l'embrione di una fase nuova non ancora si è messo in moto. Da qui un interrogativo che esprime la consapevolezza che tutto è cambiato e la coscienza che, se la classe dirigente non sa affrontare il "dove siamo", non potrà avere cura delle nostre cose e del Paese."

È con queste parole che  si apre il 56° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2022, presentato il 2 dicembre scorso. Il Rapporto interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese e nella fase di transizione che stiamo attraversando, parla di Italia post-populista in cui alle vulnerabilità economiche e sociali strutturali, di lungo periodo, si aggiungono adesso gli effetti deleteri delle quattro crisi sovrapposte dell'ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta alle porte dell'Europa, l'alta inflazione, la morsa energetica.

Da questo quadro, nel Paese emerge una domanda di prospettive di benessere e si levano autentiche istanze di equità che non sono più liquidabili semplicisticamente come "populiste".

APPROFONDIMENTO

La situazione generale ci parla di un'Italia in cui la quasi totalità degli italiani (il 92,7%) è convinta che l'impennata dell'inflazione durerà a lungo, il 76,4% ritiene che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari, il 69,3% teme che il proprio tenore di vita si abbasserà (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che già detengono redditi bassi), il 64,4% sta intaccando i risparmi per fronteggiare l'inflazione.

Tutto ciò produce non un moto di ribellione come a volte in passato, ma piuttosto "una ritrazione silenziosa dei cittadini perduti della Repubblica" come ben dimostra la non partecipazione al voto delle ultime elezioni, quasi 18 milioni di persone - tra astenuti, schede bianche e nulle - pari al 39% degli aventi diritto.

Oggi il 66,5% degli italiani (10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid) si sente insicuro. I principali rischi globali percepiti sono: per il 46,2% la guerra, per il 45,0% la crisi economica, per il 37,7% virus letali e nuove minacce biologiche alla salute, per il 26,6% l'instabilità dei mercati internazionali (dalla scarsità delle materie prime al boom dei prezzi dell'energia), per il 24,5% gli eventi atmosferici catastrofici (temperature torride e precipitazioni intense), per il 9,4% gli attacchi informatici su vasta scala.

A questa situazione di totale insicurezza gli italiani non rispondono con un aumento dei conflitti sociali, ma bensì con la ripulsa verso privilegi oggi ritenuti odiosi e la voglia di essere se stessi. È il nichilismo dei nostri tempi che si traduce nella privatizzazione dei rischi e l'aumento del senso di insicurezza. Ma quello che più preoccupa è la mancanza di coesione sociale: sono più di 1,9 milioni  le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta (il 7,5% del totale), cioè 5,6 milioni di persone, il 9,4% della popolazione (1 milione di persone in più rispetto al 2019). Di queste, il 44,1% risiede nel Mezzogiorno.

La dispersione scolastica è al 12,7% a livello nazionale e il 16,6% nelle regioni del Sud, contro una media europea al 9,7%. Negli ultimi cinque anni gli alunni delle scuole sono diminuiti da 8,6 milioni a 8,2 milioni (-4,7% 403.356 in meno) e in base alle dinamiche demografiche, si prefigurano aule scolastiche desertificate e un bacino universitario depauperato. Già tra dieci anni la popolazione di 3-18 anni scenderà dagli attuali 8,5 milioni a 7,1 milioni, e nel 2042 potrebbe ridursi a 6,8 milioni (1,7 milioni in meno rispetto al 2022).

Un quadro fosco che procede con i dati sulla sanità (rapporto medici/abitanti in diminuzione da 19,1 a 17,3 ogni 10.000 residenti), sulla ristrutturazione del sistema d'impresa accelerata dalla crisi energetica (di cui ne pagheranno le spese soprattutto le PMI), sulla PA (da 61,7 dipendenti pubblici ogni 1.000 abitanti nel 2002 ai 55,1 nel 2021).

Ma "Nel codice genetico del Censis, e di questo Rapporto, vive la convinzione che la società cresce, si adatta, si trasforma continuamente, come l'argine ridisegnato dalla realtà del fiume che scorre. Grazie a una capacità, essenziale allo sviluppo, di combinare insieme soluzioni efficaci, anche se poco efficienti: un po' di sommerso e un po' di evidente, un po' di sociale e un po' di politico, una dose di furbizia con una di cinismo, una di fantasia per arrangiarsi e una di innovazione tecnologica e organizzativa per uscire dalla crisi, un po' d'istinto e un po' di competenza."

Insomma, un far da sé per andare oltre se stessi che oggi, da solo, non funziona più.

E quindi il Rapporto segnala "l'esigenza, fin qui sopita, di ritornare a sperimentare innovazione istituzionale, di ritrovare il gusto e il coraggio dell'inquietudine, di rilanciare una nuova fase dei meccanismi decisionali",  anche se chiosa "Poco o nulla di tutto questo possiamo registrare nella cronaca e nella programmazione di questi tre anni di crisi."

Scarica le "Considerazioni generali" del 56° Rapporto Censis

Scarica "La societò italiana al 2022" del 56° Rapporto Censis

Rivedi la Presentazione del 56° Rapporto Censis all'indirizzo https://www.censis.it/rapporto-annuale/presentazione-del-56%C2%B0-rapporto-sulla-situazione-sociale-del-paese2022

Per ulteriori approfondimenti https://www.censis.it/rapporto-annuale/l%E2%80%99italia-post-populista-e-malinconica.

Valenzano, 5 dicembre 2022

 

 


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