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RAPPORTO SVIMEZ 2022

 

Presentato stamane alla Camera dei Deputati l'aggiornamento annuale  del Rapporto SVIMEZ sull'economia e la società del Mezzogiorno

Nel 2023 il sud è previsto in recessione a -0,4% con PIL italia a +0,5%. È un mezzogiorno ‘sotto shock' che prova a resistere e a rimettersi in gioco.

Covid, Ucraina, crisi energetica e inflazione le ragioni della crisi che impattano su famiglie e imprese e riaprono la forbice tra nord e sud. Necessario dunque rafforzare interventi contro caro prezzi e rilanciare gli investimenti e politiche industriali

Come ogni anno, Il Rapporto SVIMEZ fornisce la fotografia del Mezzogiorno e nell'edizione 2022 si sofferma sul consuntivo della ripresa post-pandemia, alla quale il Mezzogiorno ha partecipato, a differenza di quanto avvenuto nelle precedenti fasi cicliche espansive, ma riferisce di come il nuovo "shock Ucraina" abbia rallentato la ripresa globale e fatto emergere nuove emergenze sociali e nuovi rischi per i settori produttivi.

Gli effetti territorialmente asimmetrici dello shock energetico del 2022, infatti, hanno penalizzato  soprattutto le famiglie e le imprese meridionali, riaprendo la forbice di crescita del PIL tra Nord e Sud.

APPROFONDIMENTO

Secondo le stime Svimez, nel 2023 il PIL meridionale si contrarrebbe fino a -0,4%, mentre quello del Centro-Nord, pur rimanendo positivo a +0,8%, segnerebbe un forte rallentamento rispetto al 2022. Il dato medio italiano invece dovrebbe attestarsi intorno al +0,5%.

In conseguenza la Svimez  valuta che a causa dei rincari dei beni energetici e alimentari l'incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all'8,6%, con forti eterogeneità territoriali: + 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del Centro. In valori assoluti si stimano 760 mila nuovi poveri causati dallo shock inflazionistico (287 mila nuclei familiari), di cui mezzo milione al Sud.

Il 2024 dovrebbe essere un anno di ripresa, sulla scia del generale miglioramento della congiuntura internazionale, unitamente alla continuazione del rientro dall'inflazione che è previsto scenda nell'anno al +2,5% e +3,2% nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno.

A livello nazionale, si stima,  che il PIL aumenti nel 2024 dell'1,5%, del +1,7% nel Centro-Nord e dello +0,9% al Sud. Il dato del Sud, di per sé apprezzabile visto che dovrebbe tornare in territorio positivo dopo il calo del 2023, sarebbe comunque sensibilmente inferiore a quello del resto del Paese.

Questo quadro di previsione pone una duplice sfida alle politiche nazionali.

Da un lato va assicurata continuità alle misure contro il caro energia; dall'altro, è essenziale accelerare sul fronte delle misure di rilancio degli investimenti pubblici e privati, dando priorità alla politica industriale attiva per ampliare e ammodernare la base produttiva, condizione imprescindibile per la creazione di buona occupazione.

Mettere in sicurezza l'attuazione del PNRR è da questo punto di vista cruciale.

Il Rapporto fa poi un'approfondita analisi dei divari che permangono tra il Nord e il Sud del Paese e tra di essi segnala: una ripresa occupazionale di bassa qualità, con l'aumento della precarietà; servizi della filiera dell'istruzione caratterizzati da estrema frammentarietà dell'offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente utilizzata dalle Amministrazioni locali; la questione femminile con un tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno molto lontano dalla media europea e un gap in crescita che è passato dai circa 10 punti all'inizio del secolo ai quasi 15 punti nel 2022.

Dai dati se ne deduce che è necessario il coordinamento delle politiche di sviluppo ed è evidente l'esigenza di coordinamento tra la politica di coesione, comunitaria e nazionale, e il PNRR con la necessità che siano messe a sistema in una visione organica e unitaria le reciproche azioni.

Anche la politica industriale è chiamata ad ampliare il suo campo d'azione e indubbiamente la debole selettività di buona parte delle misure di politica industriale è una delle cause delle difficoltà a superare i divari produttivi dell'Italia con gli altri paesi europei e del Mezzogiorno con  quelli del Centro-Nord.

Nel quadro generale, per la Puglia è previsto un dato per certi versi migliore della media del Mezzogiorno. Le previsioni parlano di un incremento del PIL di  6,6 e 3,2 rispettivamente per il 2022 e 2023 e un successivo decremento dello 0,6 e dello 0,9 per il 2024 e il 2025.

Ad esempio, nello sviluppo delle Energie Rinnovabili la Puglia (3,3%) è la prima regione del Mezzogiorno, ma la settima a livello nazionale. Un dato che, se da un lato sottolinea il ritardo registrato dalle regioni meridionali, allo stesso tempo evidenzia le possibilità di crescita che il comparto può avere proprio nel Sud Italia e come, dunque, le rinnovabili possano essere volano di una nuova filiera industriale nel Mezzogiorno.

Digitalizzazione e sostenibilità sostengono e alimentano la rete produttiva. La diffusione di questi settori nel Mezzogiorno non è trascurabile. Considerando l'intero aggregato dell'industria e dei servizi high-tech, il Sud apporta il suo contributo con oltre 140 mila addetti, cui fanno capo circa 7 miliardi di valore aggiunto. Anche sotto il profilo qualitativo, l'high-tech meridionale riesce a "tenere il passo" con il resto del Paese con una specializzazione molto elevata per Puglia e Campania.

Per ciò che attiene gli interventi previsti dal PNRR, invece, lo sforzo aggiuntivo di progettualità si è basato su una macchina organizzativa debole. Le fragilità del Mezzogiorno sono legate alle difficoltà che gli Enti incontreranno  nell'allocare prontamente ed efficacemente le risorse nei tempi richiesti -  scadenza  fissata al 31 agosto 2026 - deresponsabilizzati dalla crescente tendenza a esternalizzare alle assistenze tecniche funzioni essenziali delle politiche pubbliche.

In quest'ottica, riprendere un'attuazione ordinata del federalismo fiscale, come previsto dal PNRR, dovrebbe essere un obiettivo condiviso. In uno scenario un sistema di autonomie asimmetriche, a trazione nordista, invece, permarrebbe  l'alibi del centralismo avaro, utile per rivendicare più risorse e nascondere le inefficienze. Il federalismo, quello vero, metterebbe davvero i cittadini, soprattutto quelli meridionali, nelle condizioni di valutare la qualità delle classi dirigenti locali.

E il senso dell'intero Rapporto è nella frase finale della presentazione fatta alla Camera da Luca Bianchi, Direttore SVIMEZ: "La nuova Europa, che solo temporaneamente ha accantonato l'austerità, ha fatto sua l'idea che le disuguaglianze vanno ridotte non solo per motivi di equità ma perché la coesione aiuta la crescita. Con l'autonomia differenziata il Paese, invece, andrebbe in direzione opposta, cristallizzando i divari tra cittadini e territori, senza sanare quella frattura che ha reso il Paese più debole."

Scarica l'Executive Summary del Rapporto

Vai alla pagina dedicata su SVIMEZ

Valenzano, 28 novembre 2022

 

 


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